
Nelle storie spessissimo si incontrano i buoni-buoni (utilizzando la sempre affidabile fonte di archetipi che è la saga di Star Wars, diciamo Luke Skywalker ne è un esempio calzante), i cattivi-cattivi (Senator Palpatine), i buoni-cattivi (Han Solo - se non mi sbaglio
sparò per primo a Greedo, no???) e cattivi-buoni (un certo Darth Vader). Non c'è niente di male in questo: ogni personaggio è parte della storia e ha una precisa funzione per far andare avanti gli eventi. Ma seguendo
Deadwood, la bellissima serie dell'HBO, è davvero dura riuscire a inserire i suoi personaggi in queste - o altre - categorie. Il fatto è che ogni personaggio è trattaggiato in modo da evitare di essere facilmente etichettato, di non essere al servizio della storia che viene raccontata, ma di viverla davvero. E Al Swearengen è il massimo esempio di personaggio "emancipato": quando è in scena (fortunatamente spesso), il proprietario del Gem Saloon ha la capacità di portare le vicende in luoghi inaspettati che lui sembra già aver capito in anticipo, molto prima di quanto non riesca a fare lo spettatore. E' di fatto l'impersonificazione del campo di Deadwood, il primo ad averci messo piede e non si muove foglia senza che lui non lo sappia o non l'abbia deciso. Ma Al non è il grande burattinaio, non proprio tutto gli riesce come vorrebbe. Ed è questo che me lo fa amare così tanto. Nonostante sia moralmente ributtante, in ogni episodio c'è almeno una scintilla di umanità che lo rende irresistibile. Onore a David Milch, creatore della serie, e soprattutto al grande Ian McShane che gli prestato volto, corpo e voce. Impossibile immaginare qualcun altro dire con lo stesso stile
"A human being in his last extremity is a bag of shit."
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